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BRUNO RITTER stories

Bruno Ritter

BRUNO RITTER stories

Bruno Ritter

Particolare dell'opera “Altare”

cm 200 x 620

Dal 23 marzo al 3 maggio 2014 l'artista Bruno Ritter, presenta la mostra personale di pittura dal titolo "BRUNO RITTER stories". L'inaugurazione è domenica 23 marzo ore 11.30. La mostra si terrà a Schaffhausen (Svizzera) Galerie mera (Webergasse 17) CH 8200 SCHAFFHAUSEN.


Bruno Ritter: Lo sguardo verso l’alto
Già agli esordi Bruno Ritter è stato definito «artista di frontiera» alludendo così alle sue tappe biografiche contrapposte, presso i confini di stato a Sciaffusa, dove negli anni ’70 operava e gestiva un atelier d’incisioni per litografie e acqueforti, e in Valchiavenna, dove si trasferì nel 1982. Ma si parlava anche di «arte di confine», del pendolarismo dell’artista nel suo confronto approfondito con la tradizione pittorica dell’arte nordica, francese ed italiana. Per Bruno Ritter inoltre i confini tra arte figurativa, astratta e persino non oggettiva non sono mai stati rilevanti, bensì così labili, che lui riesce consapevolmente, ma anche conscio del pericolo equilibristico presente tra questi poli apparenti, a muovervisi magistralmente. Gli stati metamorfici tra corpi e paesaggi ad esempio, gli antagonismi tra profondità e trivialità, tra palese chiarezza e metaforismo a doppio senso e talvolta anche tra un’estetica brillante e una stucchevole banalità interessano particolarmente a Bruno Ritter: una strategia artistica che gli consente di strappare alle sue immagini interiori che s’impongono nella sua mente qualcosa di enigmatico. Banali faccende quotidiane e osservazioni acute, come costellazioni gestuali ed effimere, con Ritter variano per lo più tra descrizione narrativa e profondissimo metaforismo. In questo ambito la pittura di Ritter è addirittura corredata da qualche insidia. Né il fine ductus del pennello, il quale sa strutturare a meraviglia oggetti e superfici, né le insistenze vibranti e pulsanti della pittura, nemmeno la scintillante, delicata e a volte sorprendente croma-tica e nemmeno la complessa spazialità possono far illudere che dietro allo splendore della pittura non si nasconda nient’altro. La perfezione di Bruno Ritter che a tratti appare addirittura magistrale può alludere a ciò: che egli non solo conosce a fondo la storia dell’arte, ma anche che lui si confronta costantemente sia formalmente che iconograficamente con la pittura del passato – e facendo ciò s’impone dei parametri molto rigidi per quanto riguarda il suo operato artistico. Il motivo della montagna è di incisiva importanza nella sua opera omnia: quale emblematicità per la soli-tudine e spaesamento, per «la strettezza» (intesa come senso di oppressione e angustia) e l’ineluttabile, per un’esistenza oscurata, così come per una minaccia latente. A Piuro, che a quei tempi si chiamava ancora Plurus e apparteneva alla Repubblica delle tre Leghe, si erano arricchiti grazie all’estrazione della pietra ollare; sembra, così scrisse un testimone, «che un nababbo abbia accumulato qui la sua fortuna e che Cleopatra vi abbia portato i suoi costosi gioielli».2 Il prezzo per questa estrazione sconsiderata fu enorme: nell’estate del 1618 arrivò la frana; grossi macigni si staccarono dal monte Conto e seppellironoil villaggio di Piuro. Molto presto e a ragione si è fatto notare nel lavoro di Ritter la forza della montagna,
il rischio della caduta, i caduti tra cielo e terra e «il fascino legato allo spavento». Nei quadri più recenti la montagna rimane invece immaginaria. Ciò che resta è lo sguardo rivolto verso l’alto della gente, lo sguardo diretto verso al cielo, l’ardente allungarsi fuori dalla scura, angusta profondità della valle verso la luce, verso l’orizzonte in alto, verso il cielo. Innumerevoli persone, tutti individui a sé si riuniscono; cosa li ha riuniti rimane in sospeso, perché niente li accomuna l’uno all’altro, ognuno resta isolato nella massa, separato e così perdutamente esposto, nonché alla mercé dell’insicurezza e del disorientamento, fatta eccezione del fatto che tutti insieme guardano verso l’alto con trepidazione. Intitolando il quadro descritto Altare (pag. 40/41), Bruno gli attribuisce inequivocabilmente una dimensione sacra: una scena teatrale che subisce una mutazione divenendo un altare, allorché noi lo intendiamo come base che offre all’Altissimo e Inafferrabile un luogo e uno spazio. Si rifà in qualche modo anche alla pittura barocca, dove la gente rappresentata volge lo sguardo verso l’alto, verso il divino, verso l’epifania della luce. In Ritter l’estasi religiosa lascia spazio agli sguardi insicuri dell’ansietà: arriva la montagna? Una messa in scena alla quale noi come spettatori prendiamo parte direttamente, oppure addirittura una vera e propria Apocalisse? Forse un’allegoria dell’incertezza dei giorni nostri e la paura di quelli a venire? In ogni caso il conforto celestiale di allora si è tramutato nel suo opposto: «lo sguardo verso l’alto annuncia il mostro.»
Con lo sguardo all’insù si accompagna la caduta fatale o anche: «la superbia» – uno dei sette vizi capitali della dottrina morale cattolica – «arriva prima della caduta». E Bruno Ritter non a caso cita – a destra – il famoso dipinto del 1586 di Pieter Breugels la Parabola dei ciechi (Galleria Nazionale di Capodimonte, Napoli). Prima che anche i ciechi guidati cadano nella fossa, disorientati protendono le loro teste e gli occhi morti verso il cielo.5  Se il sopra e il sotto sono interscambiabili o addirittura se vengono tramutati nel loro contrario – come succede nella caduta degli angeli o nella caduta dei dannati –, allora il mondo si ritrova sottosopra.6 Il motivo e la sua tradizione pittorica, da Michelangelo a Dürer passando per Tinto-
retto e Rubens fino a Delacroix, è ben conosciuto da Bruno Ritter – e anche lui sa trattare il registro che gli corrisponde e sa utilizzare la minacciosa vista da sotto-in-su, con la polarità del cielo e degli inferi, con la diversità di realtà e finzione. E per fare questo non c’è sempre bisogno dei visi con la loro mimica, a volte a Bruno Ritter basta la gestualità delle numerose mani (pag. 20/21), per richiamare la tematica, per esprimere emozioni quali la paura, la speranza, la rassegnazione o la pacatezza. Il rapporto controverso con i mezzi stilistici tra naturalismo ed espressività, la predilezione per i trittici e i racconti per immagini o l’ammiccante destreggiarsi tra banalità e dimensioni mitiche di Bruno Ritter possono sembrare anacronistici, sorpassati dal tempo – ma si tratta di una pittura che specialmente al nostro mondo, che sebbene sia digitale e interconesso è pur sempre instabile, ha un effetto particolarmente benefico.

 

Per informazioni visita i siti http://www.galerie-mera.ch  TEL. +41 52 620 38 37.
www.brunoritter.ch  |  E-mail: atelier@brunoritter.ch