Dosso Dossi: Giove pittore di farfalle, Mercurio e la Virtù
c. 1523-24. Olio su tela, cm 112 x 150
Cracovia ©Collezione Nazionale d’Arte
Dal 12 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025 Palazzo dei Diamanti di Ferrara ospita la mostra "IL CINQUECENTO A FERRARA. Mazzolino, Ortolano, Garofalo, Dosso" a cura di Vittorio Sgarbi e Michele Danieli. Mostra organizzata da Fondazione Ferrara Arte e Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara con la direzione di Pietro Di Natale.
La mostra racconta le vicende artistiche del primo Cinquecento a Ferrara, dagli anni del passaggio di consegne dal duca Ercole I d’Este al figlio Alfonso I (1505), fino alla scomparsa di quest’ultimo (1534), committente raffinato e di grandi ambizioni, capace di rinnovare gli spazi privati della corte come quelli pubblici della città. Il tramonto della generazione di Cosmè Tura, Francesco del Cossa e Ercole de’ Roberti pone Ferrara di fronte alla difficile sfida di un ricambio artistico di alto livello. All’inizio del nuovo secolo si sviluppa una nuova scuola, più aperta agli scambi con altri centri, che ha come protagonisti quattro maestri: Ludovico Mazzolino, pittore dall’estro bizzarro che orienta il suo linguaggio in senso anticlassico; Giovanni Battista Benvenuti detto Ortolano, sempre caratterizzato invece da un naturalismo convinto e sincero; Benvenuto Tisi detto Garofalo, il principale interprete locale della maniera di Raffaello, e Giovanni Luteri detto Dosso, che sviluppa uno stile originale, colto e divertito, influenzato tanto da Giorgione e Tiziano quanto dalla Roma di Michelangelo. La mostra accompagnerà il visitatore attraverso una stagione incredibilmente ricca, dove l’antico e il moderno, il sacro e il profano, la storia e la fiaba si fondono in un mondo figurativo che può definirsi, in una parola, ferrarese.
Parallelamente a Garofalo si muove Giovanni Luteri, detto il Dosso (c. 1486 – 1542), uno degli artisti di punta della corte di Ferrara sotto i governi di Alfonso I e di Ercole II d’Este. Nato nel piccolo ducato di Mirandola, esordisce a Mantova e nel 1513 si trasferisce a Ferrara dove lavora (proprio accanto a Garofalo) al celebre polittico Costabili nella chiesa di Sant’Andrea (oggi alla Pinacoteca Nazionale). Durante la giovinezza la sua pittura risente dell’influenza di Giorgione e Tiziano, dai quali trae una magnifica profondità di colore e una luce tutta veneziana. All’epoca della sua prima opera sicuramente datata, la splendida Madonna col Bambino in gloria e santi per il duomo di Modena (1521), è già avvenuto un contatto con Michelangelo e la cultura romana: da qui in poi Dosso sviluppa uno stile personale, colto e divertito, grazie anche a una particolare sintonia con Alfonso d’Este. Se Garofalo monopolizza le commissioni ecclesiastiche, Dosso è padrone del campo delle commissioni ducali, in cui affronta temi allegorici e mitologici, desunti spesso dall’Ariosto.